Ansel Adams diceva che in una fotografia ci sono sempre due figure, due persone, il fotografo e l’osservatore.

Beh, questa frase anche se può sembrare scontata in realtà è fondamentale e della chiave per molte persone per fare un salto di qualità dal punto di vista fotografico.

E mi rendo conto che poche persone riflettono su alcuni aspetti chiave.

Quindi, l’osservatore deve in qualche modo un po’ sforzarsi nel capire, nel leggere, nell’analizzare un po’ la fotografia.

Nello stesso tempo il fotografo deve sforzarsi nell’empatizzare e quindi capire, mettersi in sostanza nei panni dell’osservatore, cioè se tu scatti una foto,

ma se tu fossi la parte dell’osservatore, capiresti quella foto, cioè riusciresti a capire l’intenzione del fotografo. Quindi bisogna fare questo lavoro di empatia, di una sorta di role-playing, cioè di cambio di ruolo.

E’ veramente molto importante.

Io lo dico spesso, l’ho spiegato molto con tanti esempi, che l’occhio e la macchina fotografica vedono in maniera diversa.

Quindi, tutti abbiamo imparare a tradurre le nostre suggestioni istintive, perché tante volte noi siamo soprattutto che all’inizio del per suo percorso fotografico, che non conta se fotografate da 5 anni da un anno, da un mese, i passaggi mentali ognuno ha le sue tempistiche, ma molte persone fotografano in maniera puramente istintiva, no?

 Quasi in maniera edonistica, in maniera egoistica, cioè, vedono qualcosa che interessa, fanno la foto e fine, praticamente hanno fotografato, se la archiviano eccetera.

Ma se quella foto, o il più delle volte la fai vedere, a uno osservatore, difficilmente capirà le motivazioni che ti hanno spinto a fare quella foto.

La fotografia, quindi, non è come molti pensano un atto puramente istintivo.

Certo, c’è dell’intuito, c’è dell’istinto nel capire quale situazione, quale soggetto può funzionare di più o di meno, cioè questa capacità visiva che si sviluppa anche nel tempo, ovviamente.

Ma a parte quest’aspetto di intuizione visiva di capire che quella situazione, che è quel soggetto funziona, superato questo momento, è realtà la foto, che tu lo faccia in frazioni di secondo, o che tu lo metta 3, 4, 10 secondi, 10 minuti, non è importanza.

Se uno ci metta del tempo per comporre l’atto della composizione è un atto assolutamente consapevole di costruzione.

Può farlo in maniera automatizzata in poco tempo, perché ha interiorizzato certi principi, certe regole, certi…

Non è una tua visione, ma lo fai comunque costruendo la foto. Ragazzi, le foto non si scattano, si costruiscono.

E con questa frase voglio dire che non è che tu costruisci la foto, perché metti gli elementi in un punto piuttosto che l’altro fisicamente, cioè non sto dicendo che costruisci il set, anche nelle foto istintive, come immediato come può essere una street photography per far un esempio, di fatto la costruisci, perché l’atto del fotografo è quello di togliere, di dare ordine alla realtà.

Molti pensano che il fotografo sostanzialmente aggiunga gli elementi.

No, il lavoro del fotografo ha differenza del pittore, è quello di togliere.

Il pittore, quando alla tela bianca, aggiunge, no? Aggiunge una casetta, aggiunge un albero, aggiunge un sentiero, eccetera.

Il fotografo ha individuato il paesaggio, ha individuato il sentiero, ma poi comincia a togliere quello che non serve, quello che in qualche modo non aggiunge nessun valore, nessun significato, alla foto.

Quindi il processo fotografico è un processo profondamente diverso, a mio giudizio, dalla pittura, in molti casi, un processo ad eliminazione, a esclusione fino a quando togliendo quel singolo elemento, in realtà cambia il significato della composizione, il significato della frase.

Da questo ragionamento, capite anche, che la fotografia è più vicino alla scrittura che alla pittura.

Certo, è un’arte visiva, e quindi ci viene da fare subito un’assonanza, un collegamento con il mondo della pittura ma è realtà più vicino alla scrittura perché, se noi ragioniamo appunto con il paradigma che il fotografo osservatore, nel momento in cui tu fai una foto, devi fare in modo che l’osservatore possa capire il soggetto, possa capire che sono gli attori secondari di quella foto, là dove ci fossero, e poi qual è lo sfondo che è utilizzato, che poi su uno sfondo neutro, quindi privo di significato, ha una valenza puramente estetica per lavorare per esempio i chiaroscuri.

Può essere anche, uno sfondo che contestualizza, che racconta e quindi ha una forza anche evocativa, narrativa.

Quindi dobbiamo sempre pensare quando costruiamo una foto, quando scattiamo una foto,

costruirla intorno a un soggetto un punto di interesse, da riordine alla realtà, utilizzando gli elementi visivi

della composizione, e ovviamente dobbiamo ricordarci che dall’altro lato, c’è un osservatore che guarda la foto, che può capire in maniera razionale la foto, o magari la possiamo aiutarla vivere l’emozione che noi stavamo vivendo.

Se voglio far capire che il paesaggio che sto osservando, che mi colpisce sono dei gli alberi che sono battuti dal vento, sferzati dal vento, se io utilizzo un tempo di scatto molto rapido, agli alberi verrà congelato il movimento ma se io utilizzo un tempo di scatto più lungo si vede il movimento del gli alberi.

Sembra scontato, ma vi posso garantire per esperienza, guardando le foto di tante persone che tante volte, guardi le foto e ti chiedi ma perché ha fatto quella foto.